Viaggi, rinunce e rimborsi ai tempi del coronavirus

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Zone rosse, zone arancio, zone attenzionate: in questo susseguirsi di definizioni, restrizioni e decreti che limitano gli spostamenti per impedire il diffondersi di contagio da Coronavirus o Covid-19, come ci si comporta con i voli? In quali casi si ha diritto al risarcimento? E, anche nel caso il nostro volo non fosse stato cancellato, vale la pena allontanarsi da casa correndo il rischio di non poterci più tornare? Vediamo cosa dicono le normative e scopriamo quali sono i casi in cui è possibile richiedere il rimborso del volo, sia nel caso questo venga cancellato, sia nel caso in cui, invece, venga effettuato ma non sia possibile prendere l’aereo.

 

 VOLI CANCELLATI E NON: CHI PUÒ RICHIEDERE IL RIMBORSO IN CASO DI CORONAVIRUS

Le ultime misure in materia di trasferimenti e trasporti sono quelle imposte con il decreto firmato nella notte dell’8 marzo 2020.

Secondo questo documento sono previste importanti restrizioni agli spostamenti di chi viaggia da e verso la Lombardia e le provincie “attenzionate”: Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia. Chi abita in una di queste località, deve evitare ogni tipo di spostamento che non sia legato a necessità o comprovata esigenza lavorativa. Pertanto, le persone che avessero prenotato un viaggio con partenza o atterraggio in uno degli aeroporti considerati in questa classifica hanno diritto al rimborso del biglietto, anche nel caso la compagnia aerea non abbia cancellato il volo.

 

Lo stabilisce il decreto numero 9 del 2 marzo 2020 che conferma la possibilità di ottenere il rimborso del biglietto aereo per chi parte o arriva in un’area interessata dal contagio, indipendentemente dalla cancellazione del volo. Bisogna, però, fare richiesta di rimborso entro 30 giorni dal volo, ricordandosi di allegare il documento di viaggio.

 

 Le parole della normativa: chi e cosa

In particolare, il decreto stabilisce che ricorre il caso di sopravvenuta impossibilità della prestazione nel caso di contratti di trasporto (aereo, ferroviario o marittimo) stipulati con:

  • soggetti nei confronti dei quali è stata disposta la quarantena con sorveglianza attiva ovvero la permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva da parte dell’autorità sanitaria competente, in attuazione dei provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi nel medesimo periodo di quarantena o permanenza domiciliare.
  • soggetti residenti, domiciliati o destinatari di un provvedimento di divieto di allontanamento nelle aree interessate dal contagio, come individuate dai decreti adottati dal Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi nel periodo di efficacia dei predetti decreti;
  • dai soggetti risultati positivi al virus COVID-19 per i quali è disposta la quarantena con sorveglianza attiva ovvero la permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva da parte dell’autorità sanitaria competente ovvero il ricovero presso le strutture sanitarie, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi nel medesimo periodo di permanenza, quarantena o ricovero.
  • ai soggetti che hanno programmato soggiorni o viaggi con partenza o arrivo nelle aree interessate dal contagio come individuate dai decreti adottati dal Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi nel periodo di efficacia dei predetti decreti;
  • ai soggetti che hanno programmato la partecipazione a concorsi pubblici o procedure di selezione pubblica, a manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, a eventi e a ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico, annullati, sospesi o rinviati dalle autorità competenti in attuazione dei provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi nel periodo di efficacia dei predetti provvedimenti;
  • dai soggetti intestatari di titolo di viaggio, acquistati in Italia, avente come destinazione Stati esteri, dove sia impedito o vietato lo sbarco, l’approdo o l’arrivo in ragione della situazione emergenziale epidemiologica da COVID-19.
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E chi non rientra in questa casistica?
In questo momento di confusione le indicazioni possono risultare poco chiare.
Per tutti quei casi che non riescano a riconoscersi nel precedente elenco è necessario fare riferimento al regolamento europeo 261 che stabilisce in casi in cui l’eventuale cancellazione del volo è rimborsabile o comporta la sostituzione della data di partenza.

 

 CASI CONCRETI

Vediamo alcuni casi di problematiche che si possono verificare in seguito alle restrizioni imposte dal coronavirus e al continuo evolvere degli eventi:

Annullamento di un evento

Il decreto del 2 marzo regolamenta il rimborso del biglietto aereo nel caso un evento, ludico, sportivo o culturale, sia stato annullato nel rispetto del decreto del 23 febbraio.

Tuttavia, questo non vale per gli eventi che si svolgono all’estero o per tutti quei momenti d’incontro che vengono annullati ma non in ottemperanza al decreto del 23 febbraio.

Naturalmente vale sempre la pena provare a fare domanda di rimborso, ma non è detto che le compagnie decidano di dare seguito alla richiesta.

Invece nel caso un incontro, ad esempio una partita di calcio, venisse svolta ma a porte chiuse, si ricadrebbe nelle opzioni previste dal decreto del 2 marzo e si potrebbe, quindi, legittimamente avanzare la richiesta di rimborso.

 

Il problema della quarantena

Ci sono paesi, ad esempio Malta, che impongono ai visitatori provenienti dalla Lombardia e dalle provincie citate sopra, il periodo di quarantena. Per le persone che vi si recano in villeggiatura questo significa sprecare la vacanza tra le quattro pareti del luogo preposto a questo scopo, o addirittura doversi fermare oltre il tempo previsto.

Da questo punto di vista il decreto del 2 marzo è un po’ meno tutelante perché considera il rimborso esclusivamente nel caso venga impedito lo sbarco.

Se invece si riesce ad arrivare nel luogo di destinazione e, una volta scesi dall’aereo, si viene requisiti per essere internati in una zona di quarantena, si rischia oltra al danno la beffa. Ecco perché è importante informarsi bene prima di partire facendo riferimento a Viaggiare Sicuri, il sito della Farnesina.